Avendo da poco realizzato il mio sogno di salire su tutte le Cime dell'Appennino che vanno dai 2000m fino ai quasi 3000m del Gran Sasso D'italia dal Calabro-Lucano al Tosco-Emiliano posso dedicarmi a scrivere su alcuni monti ascesi in passato.
Ci sono infatti Montagne da scoprire con le loro storie, paesaggi e sentieri che non hanno nulla da invidiare ad altre più turisticamente appetibili perlomeno da un punto di vista della bellezza naturale.
Sui Monti dell'Alta Valle dell'Aterno ad ovest della valle limitrofa al Monte Il Pago, si estende il largo crinale di mònde màrine, culminante con un altopiano (1491 m) che incombe sugli abitati di Pizzoli e Barete.
Il vecchio sentiero che saliva questo monte partiva da Villa Re, uno dei rioni di Pizzoli, rimontando il ripido colle - ora rimboschito con pini - di castégliu vécchju.
Il nome del costone (castello vecchio) indica che in passato doveva sorgere qui una rocca di epoca alto-medievale, che costituiva l’incastellamento delle ville sparse di Pizzoli.
Infatti, sulla cima di detto colle (1105 m) si trovano dei ruderi.
Il monte Marine è raggiungibile anche dal sentiero CAI N° 22 che parte dall’ abitato di Vallicella (825 m) oltre il quale diventa mulattiera e porta ad un pianoro a m 850.
Attraversandolo in direzione N tenendosi prima vicino al fiume di sabbia che scende dal F.sso dell’ìndice poi, spostandosi a destra si entra nel Fosso, superare due briglie e seguendo una marcata traccia si supera un boschetto e si arriva ad un panoramico terrazzino (970 m).
Qui si prende il marcato sentiero che in lievissima salita porta ad un tornante (1138 m), sostenuto da un muro a secco, della mulattiera proveniente dalla cava di sabbia delle Case Mazza.
Da questo tornante in poi si segue tale mulattiera fino alla testata del F.sso del’ìndice dove c’è un abbeveratoio semidiruto (1324 m).
Attraversata la strada sovrastante, si risale il prato che si ha di fronte fino a trovare un sentiero che costeggia in direzione SW una valletta che porta ad un primo pianoro con alcuni pini.
Qui si percorre la lunga valle che si estende sotto le pendici sudorientali di Colle Recchiuti fin quasi alla fine (1350 m).
Si entra così in un ultimo grande pianoro, anche questo con qualche rado giovane pino, e attraversandolo si giunge ad un ampio e ondulato altipiano di M. Marine, se ne raggiunge il punto più elevato (1460 m) che consente di osservare un vasto panorama.
Oltre alla suggestiva visione della rocciosa e affilata crestina che incombe su Barete e sui pittoreschi valloni del Buco e di S. Stefano, alle cui pendici si estende Pizzoli, il panorama è unico soprattutto verso SW dove lo sguardo spazia sulla Valle dell’Aterno e sui paesi del Contado Amiternino.
La fortuna di abitare sulle pendici delle montagne è quella di poter decidere ove andare anche all’ultimo momento in base al meteo del momento oltre che cambiare itinerario in base a quello che Ti senti di fare.
Ecco questa ascesa nasce proprio così.
Mi trovavo, durante le vacanze di Pasqua 2016 nel mio Paese d’Infanzia Marruci di Pizzoli in provincia dell’Aquila e avevo deciso di salire sul Monte San Franco per vedere la nuova Croce posizionata.
Invece mi sono travato a realizzare una traversata sulle mie montagne che sognavo di vivere intensamente fin da bambino.
Fin da quando ero piccolissimo mio Padre mi portava a fare le passeggiate a Pizzoli da casa, quando ancora le strade non erano asfaltate, e alzando la testa verso l'alto il Monte Marine con il Suo Castello (proprio sopra Pizzoli) era per me qualcosa di grandioso e magico.
Pensate che giocavo con un piccolo-grande castello nei meandri della mia antica casa di Paese convinto di vivere le mie avventure proprio dentro il Castello di Pizzoli.
Una caratteristica del Monte Marine che si erge proprio sopra l'abitato di Pizzoli, come molte montagne Appenniniche minori (ma non solo), è quella di avere un versante molto più scosceso e ripido (per gli occhi di un bambino inarrivabile) verso il Paese ed uno molto più morbido dalla parte opposta.
Pìzzoli (Pizzuli in dialetto aquilano) è un comune italiano di 4.233 abitanti della provincia dell'Aquila in Abruzzo.
Fa parte della comunità montana Amiternina e parte del territorio rientra nel territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga costituendone di fatto una delle porte di accesso nella sua parte occidentale.
Il comune di Pizzoli è situato nell'entroterra abruzzese a poca distanza dal confine con il Lazio ad ovest.
Si estende nella conca aquilana, all'imbocco dell'alta Valle dell'Aterno e alle pendici del monte Marine (1463 m) (Monti dell'Alto Aterno), tra il fiume Aterno ed il Gran Sasso d'Italia; l'altitudine del territorio comunale varia tra i 682 di Cermone e i 2.132 m s.l.m. di Monte San Franco.
L'abitato si sviluppa lungo la direttrice che va da sud-est a nord-ovest, parallelamente al corso del fiume.
È circondato per tre quarti dal territorio comunale dell'Aquila, città a cui è congiunto da legami di natura sociale e storica, mentre ad ovest confina con il comune di Barete ed a nord tocca i territori comunali di Capitignano e Montereale.
Chi non conosce questi luoghi, purtroppo spesso anche gli stessi abitanti, non può immaginare che proprio sopra le loro teste al di là di queste montagne, che come una sorta di baluardo roccioso proteggono il paese, si ergono degli altipiani paralleli ma con un dislivello di circa 500 metri in altezza.
Già più di una volta ero salito sulle Montagne dell’Alta Valle dell’Aterno precisamente sulla montagna che si vede direttamente da casa del mio Paese Marruci di Pizzoli, chiamata Il Pago.
Ma nella mia mente volevo esplorare l’altra montagna attigua che dai caseggiati di Pizzoli prosegue fino a Barete con un Picco che ispira quasi l’Alpinismo vedendolo dalla Valle.
Sapevo che il Mio Caro Amico il Grande Appennista Francesco LAURENZI faceva un giro su queste zone proprio quella mattina accompagnando il cugino Walter FULMIVARI ritornato dall’estero per l’occasione.
E’ bastata una telefonata ed abbiamo organizzato una vera e propria traversata grazie alla possibilità di avere 2 auto.
Salendo dal Suo Paese d’infanzia Castel Paganica, che guarda la Valle di Capitignano e Montereale, siamo saliti prima sul Monte Mozzano più alto più a Est che guarda i Monti della Laga e poi passando per gli Altipiani di Ajelli, che già però conoscevo bene, siamo poi saliti verso la Montagna che fin da piccolo volevo salire Monte Marine.
Punto di osservazione speciale su tutta la Catena del Gran Sasso partendo dal più vicino Monte San Franco.
Da li per cresta abbiamo percorso l’altopiano con affacci speciali su Marruci, Pizzoli e Barete fino al Picco Roccioso che ho percorso a scendere rendendolo alpinistico.
Involontariamente Infatti, sbagliando la via di discesa, sono stato costretto a scenderlo nella sua parte rocciosa, più scoscesa, dovendo disarrampicare come se fosse quasi un secondo grado.
La visuale che Ti offre questo Picco roccioso dove un tempo era presente una torretta di avvistamento è unica.
Questo spiega perché gli antichi la costruirono proprio in quel punto.
Poi il collegamento con la Valle Donica ed il Paese di Barete.
Scendendo nei particolari della escursione del 29 Marzo 2016 le montagne dell'Alto Aterno sono state attraversate partendo dalla cresta ovest del Monte Mozzano, spartiacque tra i comuni di Capitignano e Montereale.
Dalla prima pettata si arriva alla croce di Capetone dove ci sono ben 3 croci in legno molto caratteristiche che dominano la piana di Montereale e percorrendo sempre la cresta si arriva alla Pozza degli Aglioni e, dopo un breve strappo, siamo alla base del Primo dei Picchi d'Aielli.
Lo si aggira puntando il secondo picco che in realtà è la vera Cima del Monte Mozzano 1493m schersosamente oramai da me chiamato Picco Laurenzi in onore di colui che ha fatto un passo che ben pochi avrebbero fatto per amore delle Sue terre.
Il panorama è sempre più bello sia sulla Laga che sulla principali vetta del Gran Sasso versante ovest nonchè su Monte Calvo.
Si scende dal Mozzano e prima di giungere alla Forca Carrara, scendiamo verso destra in direzione del Piano d'Aielli con il bellissimo Casale Laurenzi che ci accoglie come se fosse un vero e proprio Rifugio di Alta Quota.
Si riparte in direzione Aia del Prete attraversando bucoliche vallette di felce e pini per poi giungere sulla sommità del Monte Marine 1465m.
A questo punto si prosegue questa sorta di anello-traversata verso la cresta che si affaccia sulla conca aquilana con un panorama unico avendo in primo piano piano i paesi di Barete e Pizzoli.
Alla fine di questa cresta, seguendola in direzione ovest, si giunge alla Rocchetta che sovrasta Barete da dove inizia òa ripida, faticosa e non banale discesa che ci ricondurrà al paese toccando i ruderi di un vecchio Castello di cui torverete informazioni nel proseguio di questo mio articolo.
Volendo per la discesa dalla Rocchetta si può passare la più comoda Valle Donica dove tra l'altro c'è il Rifugio Santa Pupa ma attenzione non ci sono indicazioni.
Questa ascesa dimostra che a volte non c'è bisogno di salire a quote elevatissimi ma si può fare bellissima montagna anche impegantiva sia fisicamente che tecnicamente su montagne minori che Ti permettono di avere dei paesaggi speciali oltre che a farTi vivere la storia passata di queste zone.
Ringrazio i miei compagni di esplorazione il Grande Appenninista del Club 2000m Francesco LAURENZI e Walter FULMIVARI precisando che non esiste alcuna sentieristica segnata per cui ci si può avventurare solo con meteo certo (non nebbia) e in possesso di buona conoscenza di quelle montagne soprattutto a livello morfologico e visivo.
Per approfondire il bellissimo territorio Vi invito a leggere queste importanti e rare informazioni qui sotto.
APPUNTI DI ANTONIO SCIARRETTA SUL QUESTO TERRITORIO
Barete
Appunti sul paese
Il comune di Barete comprende due nuclei abitativi distinti, il primo incentrato sull'omonimo capoluogo, e comprendente le frazioni (che ormai possono considerarsi rioni) di Tarignano e San Vito, nonché, più defilata, Sant'Eusanio, Il secondo agglomerato, noto come Colli, è costituito invece dai villaggi di Colledisù, Teora, San Sabino e Basanello.
In entrambi i nuclei, si parla un dialetto di tipo aquilano. Il territorio comunale si incunea fra quelli di Cagnano Amiterno e Pizzoli, confinando anche, per un tratto, con il tenimento di Preturo del comune dell'Aquila.
L’origine degli insediamenti demici nella zona dell’attuale Barete è da farsi risalire, secondo alcuni, al tempo di Amiterno, quando qui doveva esistere un vicus della città sabino-romana.
Riprendendo le attestazioni d’archivio del toponimo (...Lavareta...), alcuni autori hanno voluto interpretarlo come un (?) Lavacrum Amiterni, ipotizzando che l’attuale località di Barete era il ‘bagno termale’ di Amiternum.
In realtà, il toponimo, già presente nei documenti d’epoca farfense (sec. X) è riflesso di un latino laveretum, collettivo di laver, -eris 'specie di crescione, pianta dei terreni umidi', con deglutinazione della prima sillaba, sentita come articolo (localmente il paese è La Barete) e passaggio di v- a b- frequente nei dialetti sabini.
Quanto ai nomi delle frazioni, Basanello e Tarignano si configurano come derivati da personali latini Bassus e, rispettivamente, Tarinius, attraverso il tipico suffisso –ano dei prediali, mentre il nome di Teora è un riflesso del latino teguria, plurale di tegurium ‘capanna’.
Prima dell’epoca normanna (sec. XII), l’abitato di Barete viene incastellato, munendolo di una rocca su un cocuzzolo che domina le sottostanti ville. Questo castrum concorre alla fondazione della città dell’Aquila, edificando la chiesa di San Paolo, che porta lo stesso titolo di quella che si trova poco fuori del paese, lungo il fiume.
Questa chiesa venne edificata nel sec. XI, e rivestì grande importanza come chiesa pievale.
Nel paese si trova anche la Chiesa di San Vito, mentre fuori dall'abitato, in montagna troviamo le cappelle di Santa Maria della Valle e di Santa Maria del Monte (sec. XVIII).
I ruderi della rocca (sec. XIII) sono visibili su un cocuzzolo che domina il paese, mentre a Colli sono notevoli la Chiesa di San Sabino (sec. XVI), la Chiesa cimiteriale di Santa Maria di Loreto sotto Basanello, ed i ruderi della Chiesa di Santa Maria della Rocchetta, sovrapposta ad una preesistente rocca, sull'omonima montagna.
Appunti sul territorio
Il tratto appartenente a Barete del massiccio d'Aielli è compreso fra quello di Pizzoli ad est, e quello di San Pelino di Cagnano ad ovest.
Di esso fa parte un breve tratto del crinale spartiacque (fra la valle di Faschiano e la valle dell'Aterno), attorno alle cime di còlle rànne (1531 m) e del còlle ella màcchja (1526 m).
Alcuni crinale secondari, ben più importanti, però, si protendono fin verso la fascia pedemontana occupata dagli abitati.
Si tratta, da est verso ovest, del crinale di castégliu, continuazione della montagna di curucùzza di Pizzoli, della montagna di cróce làtu (1426 m), del còlle ella solàgna (1345 m).
Fra i primi due scorre la màlle òneca, mentre fra il secondo ed il terzo c'è la valle di rótte néra, entrambe uscenti dagli altopiani di Recchiuti e Aielli.
A fare da confine con San Peligno di Cagnano, poi, è il breve fùssu ella réte.
Le sorgenti sono numerose, e concentrate nella parte alta delle citate valli, nonché nei dintorni del pianoro di Aielli che solo parzialmente rientra nei confini comunali di Barete.
Vanno ricordate le sorgenti dello sbollènde, delle riòla e di acquatìna, nonché la fonte di sallorénzu sotto la cimata di cróce làtu ed alcuni fontanili nel pianoro di fornàra.
I sentieri CAI riguardanti Barete sono, nell'ordine, il n° 19 da Barete alla cima del Castiglione, il n° 20 da Barete alla cima delle Tre Torri, il n° 21 da Barete alla cima di Croce Lato (su IGM Monte San Lorenzo).
La toponomastica
La montagna di Castello
- L’abitato di Barete si trova ai piedi di un largo crinale, compreso per buona parte all’interno dei confini di Pizzoli, dove è chiamato curucùzza, e che rappresenta una continuazione di Monte Marine. La porzione pertinente a Barete culmina con un cocuzzolo (1402 m) noto come castégliu, per via del caratterse svettante dell’asperità, che pare dal basso essere tipica sede di un ‘castello’. Invece, una vera fortificazione esisteva a quota 1206 m, nella località ancora oggi ricordata col nome ròcca, dove si vedono dei ruderi costituiti da un corpo quadrato e da resti di una torre presumibilmente cilindrica.
- I ruderi della rocca di Barete possono essere raggiunti dal paese imboccando, dalla “Via della Rocca”, la mulattiera che si dirige in un vallone (sentiero CAI n° 20), per poi deviare subito a destra su un sentiero di rimboschimento che taglia i ripidi pendii delle làme. Questi, prima del rimboschimento dovevano essere soggetti a frana, come ancora oggi si intuisce osservando la condizione del suolo al di sotto del manto della pineta. Lo testimonia anche il toponimo, che riflette l’appellativo di origine prelatina lama, diffuso in tutto l’Appennino Centrale ad indicare la ‘frana’.
- Il crinale dove si trova la rocca è anche detto del pagaróne, e così è indicato sulla cartografia IGM, che riporta il Pagarone. Si tratta di un riflesso del latino pagus, pago, usato probabilmente nella sua accezione originaria, che è ‘segno di confine, confine’, piuttosto che in quella successiva di ‘insediamento di campagna, distretto rurale’. Una designazione analoga, va ricordato, si trova nella vicina Pizzoli, dove anche indica un ripido crinale che si innalza a monte di un abitato.
- Ad est dell’abitato, verso i confini con Pizzoli, la montagna si fa nuda, ed è chiamata la remmónna. Tale nome è un derivato intensivo (prefisso re-) di un appellativo mónna, equivalente all’italiano monda, dall’aggettivo latino mundus ‘pulito’, nel senso ‘libero dalla vegetazione’.
La Valle Donica
- Il vallone che sfocia presso Barete, seguito dal sentiero CAI n° 20, è la màlle òneca, seconda per lunghezza solo alla successiva valle di Grotta Nera, in questo versante del massiccio d’Aielli. Il toponimo, come è chiaramente indicato dalla corretta traduzione presente sulla cartografia IGM, Valle Donica, è composto di valle e della variante dialettale locale di un aggettivo dom(i)nicus, ‘del dominus, del signore’, ed è molto frequente in toponomastica.
- Proseguendo lungo la Valle Donica, costeggiando l’acquedotto di Barete, si giunge ad un bivio, a quota 1120 m ca., con un sentierino che risale sulla destra orografica della valle, fino alla sorgente di sallorénzu, recentemente sistemata. L’agionimo riflette il culto di San Lorenzo, di cui non si hanno però tracce a Barete.
- Dopo il bivio, la mulattiera rimonta la costa alla sinistra orografica della valle, nota come còlle egli pisciarégli, posta sotto la sorgente delle Fontanelle in territorio di Pizzoli. I pisciarégli che si trovano nella specifica del toponimo sono una serie di brevi ma ripidi fossi apportatori di acque alla valle principale, donde l’appellativo pisciaro che è un denominale dal verbo pisciare. Nella zona, un po’ più ad est, deve esserci anche una altra piccola sorgente, detta di spacciapà, da un soprannome locale di Pizzoli.
- Ancora oltre, a 1277 m, c’è un rifugio comunale, in località sandapùpa, ignorato dalla cartografia IGM ma riportato in quella della guida CAI. Anche questo agionimo è piuttosto oscuro, ma indica di certo la presenza di una statuina, di una santa o della Madonna, che adornava qualche cappella, o semplicemente un incavo in una roccia particolare. Il suo equivalente ‘maschile’ sarebbe santarello, di cui pure si hanno tracce nella toponomastica.
- La valle, dopo il rifugio, compie un’ampia curva, allargandosi nel pianoro che i locali di Pizzoli chiamano le pratèlle, nome ripreso anche dalla cartografia IGM, Pratelle. Si tratta di un diminutivo del diffuso appellativo prata, in origine voce neutra plurale, che indica una piana coltivata, in contrapposizione a prato che è il vero ‘prato (di erba medica, trifoglio, ecc.)’.
- Con i coltivi dell’àra egliu préte, si entra nella regione di Recchiuti, per lo più appartenente a Pizzoli. Qui il termine ara ‘aia’, dovrebbe indicare un vero e proprio spiazzo adibito alla battitura del grano o di altri cereali. Probabilmente, andrebbe cercata su un terrazzo che sovrasta di poco la piana (1312 m), sulla quale le carte IGM riportano il segno che indica la presenza di ruderi, forse appartenenti ad una casetta.
La montagna di Lato
- Il crinale che sovrasta la villa di Tarignano è detto cróce làtu. Non è questa, invero, la denominazione ufficiale, dato che le carte IGM e la guida CAI riportano un M. S. Lorenzo, ma tale designazione è chiaramente dipendente dal nome della sorgente di sallorénzu, che si trova più in basso, nel bosco. Il toponimo dialettale, invece, richiama la presenza di una antica croce (forse di legno, ma la guida CAI non ne parla) sulla cima, mentre il nome làtu della montagna riflette l’aggettivo latino latus ‘largo’, che non ha continuatori nel lessico, ma invece è ben diffuso in toponomastica, soprattutto in area aquilana (si confrontino designazioni come Monte Lato, Costa Lata, Valle Lata a Termine, Aragno, Camarda, Forcella, tutti centri vicini a Barete).
- La montagna di Lato non è risalita da sentieri praticabili, perché interamente boscosa, a parte un breve tratto noto per questo come le schjàzze, ovvero 'le spiazze', dal latino platea, ‘luogo piano, aperto’, che indica delle radure. Anche le carte IGM riportano tale denominazione.
- La cima più alta si eleva a quota 1426 m, ed è delimitata a nord dal piccolo pianoro delle fósse, nel quale si trovano alcuni muretti a secco, nonché alcuni casali. Va ricordato che il termine fossa indica delle località coltivate situate in avvallamenti, e perciò è distinto da fosso, che esprime il concetto geomorfico di ‘impluvio’.
- La piana delle Fosse è dominata dalla crestina biforcuta di còlle cannavìne (1413 m). Si tratta di una zona umida, a giudicare dal toponimo, che riflette il termine cannavina ‘luogo adatto alla coltivazione della canapa’. In effetti, non lontano, si trova l’importante sorgente di fónde acquatìna, che serve un fontanile collocato più in basso (1248 m). Il nome della sorgente è un derivato intensivo di acqua, nel senso ‘che porta acqua’, ed è riportato sulla cartografia IGM come Sorg.te Acquatina.
- La valletta dove si trova la Fonte Acquatina è chiusa a monte dal còlle lùngu, così chiamato per via della forma, che si protende con diverse elevazioni fino all’omonimo casale (1330 m), situato nella valletta di màlle rinniéri. Quest’ultimo toponimo richiama un personale medievale, di probabile origine franco-normanna, tipo Ranieri.
- Ad est della sorgente, invece, c’è il còlle ella lamàta, culminante con la quota 1340 m, il cui nome riprende il termina lamata, derivato intensivo di lama ‘frana’.
La Valle di Grotta Nera
- La valle che sfocia nei pressi della chiesetta di Santa Maria della Valle è detta di rótte néra, dal nome di una ‘grotta nera’ che si trova piuttosto in basso, sulla destra orografica del fosso (quota 900-1000 m). Anche la cartografia IGM ha ripreso questo toponimo, riportato come V. di Grotta Nera.
- Una pittoresca mulattiera (sentiero CAI n° 19) risale interamente la valle, trovando, a quota 1188 m la cappella di Santa Maria del Monte. Poco oltre c’è un bivio con un vecchio sentiero, detto la tagliàta, che sale sulla destra verso la cima di Croce Lato. Il tipo toponimico tagliata si riferisce sempre concretamente ad un’azione di taglio, in questo caso all’abbattimento di alberi per consentire il passaggio. Questo versante è infatti coperto dal fitto bosco di Lato, e poi, più a monte, dalla più rada boscaglia di cesaótto. Questa deve avere la funzione di ceduo, visto che il nome è un derivato dal latino caesalis ‘cesale, cesa’, a sua volta da (silva) caesa ‘tagliata’. Il suffisso presente nel toponimo ha valore di diminutivo. Va ricordato che appena a monte del bosco, si trova la diruta capànna de micchèle, non segnata sulle carte IGM, la quale sembra coincidere con il casàle degliu tàsciu citato dalla guida CAI (1340 m), dato che tasso può essere un soprannome per ‘una persona grassa’.
- Proseguendo lungo la valle, la si vede allargarsi nell’imbuto della fornàra, dove è un fontanile (1161 m). La località è generata dalla confluenza di alcuni fossi provenienti dai dossi circostanti, e la decisa esposizione a sud, oltre alla forma racchiusa ed incassata, la rendono un luogo assai caldo, donde l’appellativo forno da cui deriva il toponimo, attraverso un derivato in -aro, ripreso dalla designazione IGM Fornara, ma equivalente all’italiano -aio (latino -arius).
- Oltre l’imbuto della Fornara, la valle si stringe di nuovo in corrispondenza di una propaggine (1219 m) del piccolo tavolato di sàla ròssa, un tempo coltivato. Il toponimo non pare riflettere il nome di origine longobarda sala 'corte, edificio', come l'omonima frazione di Cagnano, bensì un franco-normanno sala 'grande camera' e poi 'spiazzo, radura', come l'italiano sala. L'aggettivo è grossa, come conferma l’omofona resa del toponimo a Paganico, ma sulla cartografia IGM è svisato in Sala Rossa.
La regione di Aielli
- Superata la strettoia sotto la Sala Grossa, si entra nel vasto altopiano di Aielli. Qui si incontra in breve la carrareccia proveniente da Pizzoli, lungo la quale si trovano le importanti fonti delle rìola e, più avanti, dello sbollènde. Entrambe le sorgenti sono segnate sulla cartografia IGM, la prima come Sorg.te Riola, la seconda come Sorg.te Sbollente. Il primo toponimo è un riflesso di rivulus ‘rivolo, ruscello’, reso al femminile (con caduta della v in posizione intervocalica), mentre il secondo deriva dal fatto che l’acqua vi sembra ribollire.
- Poco ad ovest della sorgente dello Sbollente, si trova un’appartata vallecola detta ji folecàri. Tale nome è formazione latina, da una voce *filicaria ‘felceto’, da filex, -icis ‘felce’, ed indica una località umida dove vegetano le felci.
- Andando verso Paganico, invece, si raggiunge in breve il quadrivio del càpo cróce (1190 m), dove è un fontanile (segnato sulle carte IGM come F.te Capo Croce) , in territorio di Pizzoli. Il nome della località probabilmente si confronta con quello dell’altra estremità del pianoro, che è la Croce (di Aielli), dove si trova veramente una croce, mentre il capo indica che si tratta dell’inizio della regione, per chi proviene da Barete o Pizzoli.
La montagna dei Cupi
- Il crinale più occidentale del territorio di Barete si estende ai confini con Cagnano, a monte della carrozzabile Barete-San Pelino. Fa parte, dal punto di vista orografico, del vasto altopiano dei Cupi, che presenta la massima elevazione in territorio di San Pelino. La propaggine che riguarda Barete è il còlle ella solàgna (1345 m), chiamato semplicemente la Solagna sulla cartografia IGM. In realtà, l’appellativo solagna va riferito al versante meridionale, che guarda a sud sopra la cappella di Santa Maria del Monte, dove si transitava con frequenza. Deriva infatti dalla locuzione (terra) solanea ‘luogo esposto a sole, a sud’.
- Le pendici del Colle della Solagna sono caratterizzate da una mulattiera che le taglia in diagonale, portandosi alla fónde àcculi in territorio di San Pelino. La via attraversa i coltivi di terramàcchja, toponimo composto da terra, proprio nel senso di ‘terreno’, e di macchia ‘boscaglia’.
- Più in basso, attraversati dalla carrozzabile Barete-San Pelino, c’è la contrada di dommazzànu. Si configura, questo, come un toponimo fondiario, derivante da un personale latino del tipo Dalmatius, eventualmente incrociatosi con il prefisso Don ‘Signore’.