La regione di Aielli
Nell’altopiano di Aielli si incontra in breve la carrareccia proveniente da Pizzoli, lungo la quale si trovano le importanti fonti delle rìola e, più avanti, dello sbollènde. Entrambe le sorgenti sono segnate sulla cartografia IGM, la prima come Sorg.te Riola, la seconda come Sorg.te Sbollente. Il primo toponimo è un riflesso di rivulus ‘rivolo, ruscello’, reso al femminile (con caduta della v in posizione intervocalica), mentre il secondo deriva dal fatto che l’acqua vi sembra ribollire.
Poco ad ovest della sorgente dello Sbollente, si trova un’appartata vallecola detta ji folecàri. Tale nome è formazione latina, da una voce *filicaria ‘felceto’, da filex, -icis ‘felce’, ed indica una località umida dove vegetano le felci.
Andando verso Paganica, invece, si raggiunge in breve il quadrivio del càpo cróce (1190 m), dove è un fontanile (segnato sulle carte IGM come F.te Capo Croce) , in territorio di Pizzoli. Il nome della località probabilmente si confronta con quello dell’altra estremità del pianoro, che è la Croce (di Aielli), dove si trova veramente una croce, mentre il capo indica che si tratta dell’inizio della regione, per chi proviene da Barete o Pizzoli.
La Valle Donica
Il vallone che sfocia presso Barete, seguito dal sentiero CAI n° 20, è la màlle òneca, seconda per lunghezza solo alla successiva valle di Grotta Nera, in questo versante del massiccio d’Aielli. Il toponimo, come è chiaramente indicato dalla corretta traduzione presente sulla cartografia IGM, Valle Donica, è composto di valle e della variante dialettale locale di un aggettivo dom(i)nicus, ‘del dominus, del signore’, ed è molto frequente in toponomastica.
Proseguendo lungo la Valle Donica, costeggiando l’acquedotto di Barete, si giunge ad un bivio, a quota 1120 m ca., con un sentierino che risale sulla destra orografica della valle, fino alla sorgente di sallorénzu, recentemente sistemata. L’agionimo riflette il culto di San Lorenzo, di cui non si hanno però tracce a Barete.
Dopo il bivio, la mulattiera rimonta la costa alla sinistra orografica della valle, nota come còlle egli pisciarégli, posta sotto la sorgente delle Fontanelle in territorio di Pizzoli. I pisciarégli che si trovano nella specifica del toponimo sono una serie di brevi ma ripidi fossi apportatori di acque alla valle principale, donde l’appellativo pisciaro che è un denominale dal verbo pisciare. Nella zona, un po’ più ad est, deve esserci anche una altra piccola sorgente, detta di spacciapà, da un soprannome locale di Pizzoli.
Ancora oltre, a 1277 m, c’è un rifugio comunale, in località sandapùpa, ignorato dalla cartografia IGM ma riportato in quella della guida CAI. Anche questo agionimo è piuttosto oscuro, ma indica di certo la presenza di una statuina, di una santa o della Madonna, che adornava qualche cappella, o semplicemente un incavo in una roccia particolare. Il suo equivalente ‘maschile’ sarebbe santarello, di cui pure si hanno tracce nella toponomastica.
La valle, dopo il rifugio, compie un’ampia curva, allargandosi nel pianoro che i locali di Pizzoli chiamano le pratèlle, nome ripreso anche dalla cartografia IGM, Pratelle. Si tratta di un diminutivo del diffuso appellativo prata, in origine voce neutra plurale, che indica una piana coltivata, in contrapposizione a prato che è il vero ‘prato (di erba medica, trifoglio, ecc.)’.
Con i coltivi dell’àra egliu préte, si entra nella regione di Recchiuti, per lo più appartenente a Pizzoli. Qui il termine ara ‘aia’, dovrebbe indicare un vero e proprio spiazzo adibito alla battitura del grano o di altri cereali. Probabilmente, andrebbe cercata su un terrazzo che sovrasta di poco la piana (1312 m), sulla quale le carte IGM riportano il segno che indica la presenza di ruderi, forse appartenenti ad una casetta.